concept-autocensura (italiano)

Autocensura (e libertà)


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L’inno del Sé è l’inno di un lato nascosto. Questo è uno dei principi fondamentali della psicologia archetipica. Ciò significa che la nostra essenza e il nostro carattere non possono mai essere visti e svelati completamente.

Il lavoro Autocensura di Sabrina Maragnani prende avvio proprio dalla necessità di creare un’immagine fotografica che tenga presente l’esigenza del nascondersi, del fare emergere l’identità della persona in maniera reale e non stereotipata. I volti e i corpi ritratti portano sempre con sé un carico di emozioni, di sentimenti e di stati d’animo. Queste componenti umane rimangono però avvolte da un velo di mistero, l’enigma non può essere mai sciolto fino in fondo. La fotografia diventa così un atto di resistenza, una resistenza alla banalità, alla velocità e alla bulimia delle immagini  contemporanee che continuamente bombardanoi nostri occhi attraverso i social network. L’autocensura in questo senso non deve essere pensata come un’imposizione subita dai soggetti immortalati, si tratta piuttosto di una libera scelta, di un bisogno di autonomia rispetto all’omologazione e alla standardizzazione visiva che viene richiesta ai corpi, mercificati e manipolati dal discorso capitalista.

Ogni scatto richiede un tempo lungo, non c’è né fretta né smania di comparire, c’è solo il desiderio di provare a raccontare in maniera autentica e onesta il disvelarsi di un’emozione, di un sentimento o di uno stato d’animo. La fotografia analogica di Sabrina Maragnani è paziente.

La verità, per essere colta e assaporata, non può essere mai completamente nuda, ha bisogno di veli e di filtri, di mascheramenti e occultamenti, forse perché la verità non è mai una sola, sono molte le verità. Autocensurarsi significa allora prendersi cura della propria libertà, senza farsi condizionare da quei paradigmi visivi che ci vorrebbero tutti simili ad un unico modello corporeo. In questo modo si rende viva la possibilità di far emergere qualcosa di inaspettato e misterioso. Occhi neri e penetranti lanciano uno sguardo di sfida verso lo spettatore, la bocca però è bendata. Resta un’ambivalenza di fondo, qualcosa di indecifrabile che sta sul crinale tra il giocoso e il serio, ognuno dovrà inserire la propria interpretazione.

Un velo bianco copre l’interezza del volto, al di sotto si intravede un’espressione distaccata, quasi glaciale. In questo caso la necessità è quella di non comunicare emozioni particolari, quasi un esercizio di difesa del proprio mondo interiore, sacro e inviolabile, un atto di libertà puro e semplice. Una barra nera e orizzontale copre totalmente gli occhi, una linea scura percorre in verticale il viso. Dalla composizione sembra emergere un bisogno antico di silenzio e di chiusura. Non c’è voglia di esporsi, di darsi al di fuori. La propria intimità è qualcosa di segreto, da difendere e tutelare. Nell’epoca della riproducibilità infinita delle immagini tecnologiche qualcosa di silenzioso e misterioso  vuole resistere. Fare immagine significa prendersi tempo, osservare, pazientare, sostare, girare intorno al soggetto con calma e dedizione, lo scatto è solo la parte conclusiva del lavoro, qualcosa di prezioso che non può essere sprecato banalmente.
Gli sguardi sono spesso muti e ambivalenti, c’è sempre qualcosa di insondabile e di irriducibile, una sorta di essenza personale che non può mai essere definita pienamente in modo descrittivo. L’anima è fatta di mescolanza, mescolanza di emozioni soprattutto, che si incarnano sui volti e si danno battaglia nei corpi degli esseri mortali. La fotografia diventa allora il luogo dell’apparire e del manifestarsi di espressività incerte e ambigue, enigmatiche e seducenti. La complessità umana, in questo caso la stupefacente complessità del femminile, emerge delicatamente in tutta la sua  straordinaria bellezza e ricchezza. Non ci sono modelli da seguire, ma solo tracce di vita a cui lasciare spazio e a cui dare dignità formale.

Le fotografie di Sabrina Maragnani sono luoghi di libertà, dove il soggetto decide di mostrarsi nel modo che ritiene più opportuno, immagini lontane da forzature artificiali e vicine ai codici più autentici dell’anima.

 

Andrea Grotteschi